Che storia lo sport. I valori, le rivincite, le passioni raccontate dagli atleti piemontesi premiati in Consiglio regionale
Il volto sano e pulito dello sport: un momento di riconoscimento dei meriti sportivi di alcuni atleti piemontesi ma anche un’occasione per parlare delle caratteristiche personali e caratteriali che li hanno contraddistinti nel corso della loro vita agonistica.
Passioni, temperamento, tenacia, riscatto, determinazione. “Che storia lo sport”, è la cerimonia che si è svolta lunedì 11 febbraio nell’aula del Consiglio regionale del Piemonte condotta dal giornalista Vittorio Oreggia.
Ospite d’onore la pluricampionessa olimpica e madrina dell’evento, Stefania Belmondo.
Gli sportivi presenti sono stati insigniti del titolo di Ambasciatori dello sport e del benessere per aver incarnato spirito di sacrificio, lealtà, correttezza, dedizione, tenacia, coraggio e rispetto dell’avversario: aspetti che li rendono modelli di comportamento per le giovani generazioni.
Tra i tanti grandi nomi dello sport premiati, alla presenza di Tiziana Nasi presidente della Federazione Italiana Sport Invernali Paralimpici, del presidente del Coni Piemonte, Gianfranco Porqueddu: Livio Berruti, campione olimpico nei 200 metri a Roma 1960 e testimonial dello sport pulito, Bernard e Martin Dematteis, campioni della corsa in montagna, esempio di coesione e sacrificio, Emiliano Moretti, difensore del Torino Fc, un esempio di rispetto e sobrietà dentro e fuori dal campo, Carlotta Gilli, pluricampionessa paralimpica europea di nuoto, Farhan Hadafo, promessa dell’atletica paralimpica con all’attivo già un bronzo europeo, Massimo Berruti, campione di pallone elastico anni ‘70, Hamid En Naour, ragazzo marocchino, diventato poi un campione di rugby grazie anche al sostegno del papà adottivo, ed infine Gianni Stella, atleta podista torinese over 50 vincitore dell’ultima edizione della Maratona di New York nella sua categoria.
Ad Andrea Chiarotti, leader dell’hockey paralimpico nazionale recentemente scomparso, e alle sue imprese sportive sono stati dedicati alcuni minuti attraverso immagini significative del suo trascorso da sportivo e da allenatore.
Assente ma premiato idealmente anche Giovanni Pellielo detto “Johnny” 4 medaglie olimpiche individuali, 10 titoli mondiali, 12 titoli europei ed anche “discobolo d’oro per la morale”.
“Il titolo di questa nostra iniziativa – ha sottolineato il presidente del Consiglio regionale, Nino Boeti – è straordinario perché racconta in poche parole quanto lo sport sia opportunità, fatica e possibilità di farcela senza trascurare le storie personali che spesso si celano dietro alle vittorie e alle sconfitte. Questo è il senso della giornata di oggi, trasferire ai più giovani come qualunque tipo di obiettivo, sportivo e non, vada perseguito con tenacia, determinazione e passione”.
“Attraverso questa iniziativa – specifica la vicepresidente del Consiglio, con delega agli Stati generali dello sport e del benessere, Angela Motta –intendiamo premiare quegli atleti che si sono distinti certamente per meriti sportivi indiscussi ma che soprattutto hanno saputo essere interpreti, grazie anche ad un vissuto personale unico e particolare, di uno stile di vita e di valori che meritano di essere valorizzati e condivisi. In un momento in cui le cronache riportano pagine sportive di cui non andare particolarmente fieri, credo sia d’obbligo dedicare spazi e tempo alle storie che raccontano il volto sano e pulito dello sport”.
Tra le storie più belle e dense di significati profondi, spicca proprio quella di Hamid En Naour, oggi trequarti del Monferrato Rugby in Serie B. Accanto a lui l’alessandrino Franco Berni, sinora l’unico piemontese ad aver disputato un Mondiale, nel 1987 in Nuova Zelanda. “Alla ricerca di giovani da avviare al rugby, ho conosciuto un ragazzo marocchino che era in una comunità. Lo portai sul campo a giocare e poi ottenni l’affido del ragazzo. Hamid divenne una promessa dell’Alessandria Rugby è coronò il suo sogno di riscatto facendo anche il suo esordio nella Nazionale giovanile”, ha raccontato Berni. Quando indossò la maglia azzurra disse che in tribuna c’era suo papà. Franco Berni subito non capì, pensando che magari fosse giunto il suo genitore naturale. Ma Hamid indicò ai giornalisti proprio Berni. Che bella storia a lieto fine! Il vecchio campione e un giovane che avrebbe anche potuto finire male nella vita. Ma lo sport serve anche a ridare speranza e grande dignità alle persone, e il rugby ha fatto trovare ad Hamid, che ha giocato nella massima serie nazionale a Parma e Prato, una vera famiglia. Hamid è veramente una bella persona e tra poco sta anche per diventare papà. Dall’alto della sua imponente stazza, a Berni scappa un’escalamazione: “Ma guarda, mi tocca anche diventare nonno!”.